Del cineasta greco Lobos Lanthimos si è sentito parlare spesso soprattutto nell’ambito dei Festival Internazionali (su tutti la Mostra del Cinema di Venezia) dove il regista ha sempre mostrato una buone dose di coraggio e d’inventiva narrativa. Per il suo primo approccio in un film interamente girato in lingua inglese e forte di un cast internazionale con attori del calibro di Colin Farrel, Léa Seydoux, Rachel Weisz, Lanthimos ha scelto di strafare a partire dall’ambientazione distopica del suo lavoro in concorso al 68^ Festival di Cannes, The Lobster.
In un’epoca non ben definita ma che potrebbe benissimo essere gemella di quella contemporanea, Lanthimos dipinge una società per la quale è prerequisito essenziale per esser parte di essa, essere una coppia. Una società in cui, se si è single, si va a finire in una sorta di prigione macerata con minuzia da hotel dove, entro 45 giorni, si deve trovare un nuovo partner tra gli altri ospiti della struttura o si finisce trasformati un animale. Una società dove coloro che si ribellano a tale realtà vivono nei boschi come terroristi, “cacciati” dagli ospiti dell’hotel che tentano a loro volta di sabotare, rinnegando ogni contatto sentimentale o sessuale gli uni con gli altri.
Inutile dire che quel che racconta Lanthimos è una metafora perfetta della lotta contro l’omologazione (sentimentale e non), inutile dire che questo lungometraggio è figlio di una crisi economica, e dei valori, di cui la Grecia (patria del regista) è la succube europea più ferita. Tralasciando la matrice realistica dalla quale la folle e folgorante idea di Lanthimos nasce, quello che è stato presentato al Festival di Cannes è una perla rara della cinematografia contemporanea fatta di coraggiosissimo sarcasmo e coerente violenza visiva. Fastidioso nella sua perpetua allegoria, nel suo non voler salvare alcuna tipologia di essere umano: né coloro che si piegano al volere della tradizione, né coloro che invece sono autolesionisti bastian contrari.
Per raccontare le due facce della stessa medaglia, il pro e il contro, chi segue l’idea e chi persegue l’ideale, Lanthimos sceglie la via più difficile, e forse meno facile da gestire da spettatore: riscrive il concetto stesso di sentimento, probabilmente addirittura di amore. E al contempo non salva quello di resistenza, di ribellione corale che è, nella visione del cineasta, pur sempre una forma di alienazione. Gelido e distaccato, intollerante e a tratti intollerabile The Lobster ha il grande, sottovalutatissimo, pregio di sconcertare.
Sandra Martone
Mauro
29 giugno 2018 at 21:15
Opera d’arte.