Una interpretazione superba di Richard Gere nell’ultimo film nato dai produttori de “La Frode” che segna l’esordio alla regia del talentuoso sceneggiatore e regista Andrew Renzi. Franny è il ritratto di un uomo dalla forte personalità in crisi: un milionario filantropo che cerca di aiutare una giovane coppia appena sposata a risolvere i suoi problemi. Dietro la generosità dell’uomo si nasconde, però, una motivazione inattesa. Un film assolutamente da vedere, in uscita in Italia il 23 dicembre. Durante la conferenza stampa alla Casa del Cinema (Roma), Richard Gere è apparso in tutta la sua naturalezza di uomo attento alle dinamiche della vita. Nonostante le domande dei giornalisti non siano state tutte di grande spessore, Gere ha risposto a tutte con grande eleganza e humor, riconducendo le risposte sul piano più esistenziale del mistero della vita e spiegando nella naturalezza del suo scorrere il senso del suo lavoro. Dimostrando cosi come si possa essere non star ma persone vere anche quando si è universalmente riconosciuti come star. Non a caso è fondatore della Gere Foundation, che sostiene numerosi progetti riguardanti l’educazione sanitaria e i diritti umani e si dedica in particolare a promuovere la presa di coscienza della situazione in Tibet. Il suo primo libro, Pilgrim, racconta la sua visione della vita ed immagini scattate nell’arco dei 25 anni della sua esperienza buddista, con una prefazione scritta da Sua Santità il Dalai Lama.
Il film vede Dakota Fanning nei panni di Olivia, Theo James nei panni di Luke, mentre Dylan Baker è Bobby e Cheryl Hines interpreta Mia. E’stato girato a basso budget a Philadelphia, città natale di Richard Gere ma anche del regista (Andrew Renzi sognava di realizzare il suo primo lungometraggio a casa sua). Uno dei motivi che ha spinto Richard Gere ad accettare la parte è rappresentato dalla realtà della vita: la storia racconta esperienze davvero vissute dal regista, allora ventenne, nel periodo successivo alla morte di suo padre. Spiega Renzi: “Franny, Olivia e Luke rappresentano in un certo senso i cambiamenti che ho dovuto affrontare. Come Franny, ero diventato irrequieto e cercavo di sostituire alle relazioni stabili cose più effimere. Come Olivia, desideravo ardentemente una famiglia e una vita domestica. Come Luke, mi sentivo bloccato e diviso tra questi due estremi”. La naturale simpatia dell’attore e il suo carisma hanno funzionato per il personaggio in un modo che Renzi non avrebbe osato immaginare. Responsabile è anche il modo in cui la sceneggiatura affronta la questione della dipendenza di Franny: Gere lo interpreta in modo lirico, come solo lui avrebbe potuto fare, caratterizzandolo profondamente in ogni dettaglio, dal modo di parlare al modo di muoversi, entrando intensamente nelle più piccole sfumature che scoprirete nel corso del film.
La storia di Franny aveva attirato l’attenzione di Hollywood la prima volta quando Renzi aveva partecipato allo Screenwriter’s Lab del Sundance Institute nel 2013, durante il quale aveva completato la sceneggiatura. Il produttore Jason Michael Berman era stato presentato allo sceneggiatore – regista in occasione di una cena sponsorizzata da Facebook ed era rimasto colpito dalla coming-of-age story: anche se il protagonista è un uomo sulla sessantina, deve ancora crescere. Per certi versi ha tutto ma sotto altri aspetti non ha niente. Una dicotomia che sembrò estremamente interessante anche all’amico di lunga data di Renzi, il produttore Kevin Turen, che seguì le vicende della sceneggiatura per oltre due anni. Nei mesi precedenti l’inizio della produzione, Gere è stato di grande aiuto a Renzi. “Per ogni film – ha spiegato durante la conferenza stampa – cerco di lavorare con il regista per cercare di scoprire cosa non è stato sviscerato abbastanza della storia. Spesso chi scrive suggerisce appena alcuni elementi, ma se poi vengono approfonditi la storia si fa più intensa, più interessante”. Andatelo a vedere. E’sicuramente il film più bello in circolazione in questo periodo.
Anna Maria De Luca