Il virus ha cambiato la nostra esistenza, certo non in meglio. Ci ha obbligato, e tuttora ci obbliga perché ci siamo ancora dentro, a limitare al massimo la nostra vita sociale e talvolta lavorativa. E così ha dispiegato il suo secondo effetto spaventoso, dopo quello sulla salute, portando un colpo micidiale all’economia in tutto il mondo. E come spesso succede in natura chi riesce a sopravvivere lo fa adattandosi al variare delle condizioni, cambiando. E’ successo anche al mondo del cinema: la pandemia ha messo in freezer il simbolo della celluloide, le sale. Allo stesso tempo le pellicole sono migrate sempre più on line. Cosicché oggi sembra che lo streaming non rappresenti più una modalità alternativa di fruizione, ma l’unica.
Passerà, probabilmente (e auspicabilmente, perché se passa vorrà dire in primo luogo che l’emergenza sanitaria sarà conclusa). Nel frattempo, tuttavia, il cambiamento fa come sempre storcere il naso a qualcuno. Per Carlo Verdone, per esempio, “la sala è un luogo unico”, mentre Francesco Piccolo ha detto recentemente che “questa crisi del coronavirus ha soltanto accelerato qualcosa che già esisteva: già molto si vede sulle piattaforme. Il cinema è destinato ad un altro tipo di fruizione. Credo che le piattaforme in questo periodo abbiano aiutato le persone a stare in casa, abbiano fatto loro compagnia”. Tra i ‘conservatori’ contrari al passaggio diretto dei film sulle piattaforme c’è anche il regista Christopher Nolan. A parlarci di quel che bolle in pentola in questo passaggio epocale dalla poltroncina al pc è Mariarosa Mancuso su il Foglio.